La rinuncia di Jannik Sinner alla Davis Cup divide gli italiani sui social
- Volocom
- 24 ott
- Tempo di lettura: 4 min

Nella settimana in cui Jannik Sinner ha annunciato la rinuncia a difendere i colori dell’Italia nella prossima Coppa Davis, gli italiani si sono divisi. Sui social network non mancano infatti accuse di scarsa italianità e patriottismo, ma anche messaggi di sostegno da parte di chi comprende la scelta del campione azzurro e ne difende la professionalità.
Per capire come si è sviluppato il dibattito online, abbiamo analizzato oltre 20mila post pubblicati negli ultimi dieci giorni dagli utenti italiani sui principali social network.
Volume e sentiment della conversazione

Dall’analisi emergono 20.032 contenuti complessivi, di cui:
14.026 post neutri (70%), prevalentemente informativi o descrittivi della notizia;
2.961 post negativi (15%);
3.045 post positivi (15%).
Il 22 ottobre si è registrato il picco di sentiment negativo, in concomitanza con la diffusione delle dichiarazioni critiche di personalità pubbliche e associazioni.
Le voci più influenti del dibattito
Le tematiche negative
Tra i principali generatori di engagement sul fronte negativo emergono Bruno Vespa e il Codacons, le cui prese di posizione hanno alimentato la discussione sui social.
Le principali testate nazionali – tra cui Corriere della Sera, Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano – hanno rilanciato le parole del giornalista, che ha criticato apertamente la scelta di Sinner, sottolineando come, pur essendo nato in Trentino, parli tedesco, risieda a Montecarlo e abbia deciso di non rappresentare l’Italia nella competizione.
Il Codacons ha inoltre chiesto il ritiro delle onorificenze e dei riconoscimenti ufficiali assegnati al tennista, definendo la sua scelta “non in linea con lo spirito sportivo e patriottico”.

Le tematiche positive
Sul fronte opposto, diversi utenti e commentatori hanno difeso la decisione di Sinner, sostenendo la libertà dell’atleta di gestire il proprio calendario in base alle esigenze fisiche e professionali.
Tra le voci più rilevanti figura l’ex tennista Paolo Bertolucci, che in un intervento rilanciato da TgRai1 su TikTok ha espresso pieno sostegno a Sinner, ricordando che ha già vinto due Coppe Davis e sottolineando che “va considerato come un professionista che sa quando è il momento di fermarsi”.
Cosa dicono gli italiani sulla rinuncia di Sinner
Sui social, la decisione di Jannik Sinner di non partecipare alla Coppa Davis ha acceso un dibattito infuocato, spaccando in due l’opinione pubblica. Dalla nostra analisi emerge una frattura profonda: il caso non divide solo per la scelta sportiva, ma tocca anche corde identitarie, culturali e persino patriottiche.
Il 54% degli utenti (10.852 post) mette in evidenza come altri grandi campioni del tennis mondiale — da Federer a Nadal, da Djokovic ad Alcaraz — abbiano saltato più volte la Davis Cup senza essere accusati di tradimento. Molti italiani parlano quindi di un “doppio standard” nei confronti del tennista altoatesino, considerato troppo spesso con occhi critici solo perché rappresenta l’Italia.
C’è poi un 35% di utenti (7.160 post) che guarda con nostalgia ai tempi di Panatta e Pietrangeli, quando la Coppa Davis era un appuntamento irrinunciabile e gli atleti mettevano “il cuore prima del portafoglio”. Per loro, la scelta di Sinner è il simbolo di un tennis moderno in cui il denaro prevale sullo spirito di squadra.
Un’altra fetta simile di utenti cita direttamente le parole di Sinner, che ha spiegato di voler concentrarsi sui prossimi tornei dopo una stagione lunga e intensa. Molti lo comprendono e apprezzano la chiarezza con cui ha affrontato le critiche, vedendo nella sua decisione un segno di maturità e consapevolezza professionale.
Non mancano però posizioni più dure. Circa il 32% della conversazione (6.509 post) mette in dubbio la “italianità” del tennista, ricordando la sua lingua madre tedesca, le origini altoatesine e la residenza a Montecarlo. Per alcuni detrattori, Sinner sarebbe “italiano solo quando gli conviene”, un’accusa che si intreccia con il tema dell’identità nazionale.
Un altro 27% (5.488 post) parla apertamente di mancanza di patriottismo, interpretando la rinuncia come un tradimento della maglia azzurra e un gesto poco riconoscente verso i tifosi e la federazione.
Accanto a queste voci critiche, non mancano messaggi di sostegno. Quasi il 19% dei post (quasi 3.894 menzioni) sottolinea i meriti sportivi di Sinner, ricordando che ha già vinto due Coppe Davis e che ha spesso trascinato da solo la squadra italiana. Per loro, concedersi un anno di pausa è più che comprensibile.
Altri ancora, pari al 16% della conversazione (3.304 post), ribadiscono che Sinner è un professionista libero di gestire la propria carriera, e che la sua scelta non ha nulla a che vedere con la mancanza di rispetto.
C’è poi chi, come il 14% degli utenti (2.990 post), considera la decisione una pacca in faccia ai tifosi, riprendendo la posizione del Codacons, che ha addirittura chiesto la revoca delle onorificenze di Stato assegnate al tennista.
Una parte più riflessiva, circa il 13% (2.692 post), punta il dito invece contro il sensazionalismo mediatico e la tendenza italiana a “demolire i vincenti”, parlando di una reazione culturale più che sportiva.
Tra le voci più razionali, il 12% degli utenti (2.490 citazioni) sottolinea che il tennis è uno sport individuale, con un calendario fittissimo che costringe gli atleti a fare scelte di priorità. Rinunciare alla Davis, dopo due trionfi consecutivi, è per molti una decisione logica e professionale.
Infine, un piccolo ma rumoroso 6% (1.370) avanza ipotesi polemiche, suggerendo che Sinner possa aver temuto la fatica o una sconfitta contro Alcaraz, evidenziando la contraddizione tra la rinuncia alla Coppa e la partecipazione a esibizioni remunerative nello stesso periodo.
Conclusione
La discussione intorno a Sinner e alla Coppa Davis va ben oltre la cronaca sportiva: riflette come gli italiani vivono oggi il successo, l’appartenenza e l’immagine dei propri campioni. Tra patriottismo e libertà professionale, il caso Sinner racconta un’Italia che si interroga su cosa significhi davvero “difendere i propri colori” — dentro e fuori dal campo.
