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Un altro caso di femminicidio: la narrazione dei social e dei quotidiani a confronto

  • Volocom
  • 17 ott
  • Tempo di lettura: 2 min
Femminicidio

Dopo l’ultimo episodio di femminicidio avvenuto in Italia il 14 ottobre, che ha visto come vittima la ventinovenne Pamela Genini, il dibattito pubblico si è riacceso con forza, sia sulle tradizionali fonti di informazione che sui social media. Per comprendere come il linguaggio contribuisca a costruire la percezione del fenomeno, abbiamo analizzato i 78 articoli dei quotidiani nazionali e gli oltre 5.200 post sui social pubblicati negli ultimi 7 giorni e dedicati al tema del femminicidio.


Il femminicidio nella stampa: "uomo" e "vita" i termini più frequenti


Wordcloud termini stampa nazionale

Nei quotidiani le parole più frequenti sono (oltre a “femminicidio”) “uomo”, “vita”, “donna”, “ex” e "omicidio”.


I sostantivi utilizzati negli articoli appaiono piuttosto tecnici (“omicidio”, “coltellata”, “premeditazione”) e incentrano la narrazione sulla descrizione dell’avvenimento, fornendo precisi dettagli della scena (“porta”, “scena”, “ospedale”, “polizia”, “pm”).

Sono inoltre degni di nota l’assenza di nomi propri, la presenza dell’agente maschile (“uomo”, “ragazzo”, “ex”, “fidanzato”, “assassino”), e l’utilizzo di termini che invocano la sequenza dei femminicidi (“primo”, “secondo”, “volta”).


Il femminicidio nei social: "anno" e "uccisa" i termini più frequenti


wordcloud termini social

Sui social il linguaggio è differente rispetto a quello della stampa. Le parole più ricorrenti (oltre a “femminicidio”) sono: “anno”, “uccisa”, “donna”, “coltellata” e “Italia”.


I termini utilizzati appaiono carichi di emozioni (“uccisa”, “disperata”, “consapevole”, “cordoglio”) e volontà di mobilitazione e condanna (“attenzione”, “chiedere”, “nonunadimeno”, “ennesimo”), con termini che invocano una forte carica emotiva e valutativa.

Da sottolineare è il frequente utilizzo di nomi propri (“pamela genini”, “marsiglio”, “soncini”) come sintomo di personalizzazione; oltre che a termini che invocano una diffusa condanna morale (“ennesimo”) con l’utilizzo di imperativi che spingono all’azione.


Differente narrazione tra stampa e social


Differenze narrazione stampa e social


Il confronto diretto tra i quotidiani e i social evidenzia una sostanziale differenza tra i modelli narrativi, che raccontano la stessa realtà con prospettive complementari.


Il linguaggio della stampa si incentra sulla ricostruzione e sulla dinamica dell’atto criminale. Il femminicidio diventa qui un caso di cronaca: prevalgono sostantivi concreti e i termini tecnici e l’assenza di verbi e connotazioni emotive ricostruisce una narrazione neutra e giudiziaria, orientata all’informazione.


Nei social, al contrario, il linguaggio assume una funzione emotiva e partecipativa. I nomi propri danno un volto alle vittime; le parole d’azione e i toni valoriali trasformano la narrazione in mobilitazione e presa di posizione.


In sintesi, la stampa racconta il caso, i social raccontano il fenomeno.

I giornali descrivono l’accaduto, mentre la rete gli attribuisce un significato. 

 
 
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