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Più espliciti e più volgari? Le parolacce impazzano

1939: sul set di “Via col vento” Clark Gable pronuncia la frase “I don’t give a damn”, “non me ne frega niente”: cinque parole che valgono al produttore del colossal una multa di 5.000 dollari.

2021: a Sanremo i Maneskin gridano “Vi conviene toccarvi i coglioni” con toccata annessa, sullo stesso palco che due anni dopo ospita il bacio in bocca tra il cantante Rosa Chemical e Fedez.

La morale, verrebbe da dire, cambia eccome. L’uso delle cosiddette “parolacce”, per esempio, è stato sdoganato quasi ovunque (giornali e siti di news inclusi), come dimostra una ricerca svolta da Volocom, azienda informatica che utilizza l’Intelligenza Artificiale per “sondare” il mondo dei media. E che dimostra quanto proprio le parolacce stiano trovando spazio anche nel linguaggio dell’informazione, anche se esiste tuttora una importante differenza fra carta stampata e web: significativo è il caso del Corriere della Sera che, nel 2022, ha pubblicato sul cartaceo 20 articoli dove compare la parola “cazzo”, mentre sul suo sito web le citazioni sono più del doppio. Stesso discorso per Il Giornale, che sul suo sito riporta la parola 89 volte contro le 38 dell’edizione cartacea.

Se si pensa che fino a pochi anni fa esisteva il reato di turpiloquio, abrogato in Italia nel 1999, l’evoluzione del Festival di Sanremo è solo l’avanzare di una nuova conquistata normalità, nella quale molte canzoni inneggiano platealmente al sesso, alla libertà di vivere il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere in modi da qualcuno ritenuti volgari.

Tenendo conto anche del divario regionale, che in Italia è più radicale che mai, Volocom ha selezionate le “brutte parole” più abusate e diffuse. Nelle notizie di spettacolo, per esempio, l’uso degli insulti generici dal 2021 al 2022 ha subìto un incremento del 24%, passando da 6.232 a 7.719 citazioni. In generale, esaminando un campione di quaranta di quelle che un tempo erano considerate parolacce, c’è stato un incremento del 20% nel web e del 10% nella stampa che, complessivamente, si traduce in un aumento generale del 16%.

Conquista di maggiore libertà verbale o deterioramento del linguaggio in linea coi tempi? Curiosamente, val la pena sottolineare che su stampa e web c’è stato un imprevedibile quanto consistente aumento di turpiloquio nel mese di dicembre, in particolare per quanto riguarda gli insulti prettamente sessisti. E meno male che a Natale si è tutti più buoni... Ma anche le parolacce, se guardiamo ai dati, raccontano della direzione in cui va la società – anche in senso positivo. Non è un caso quindi che, nel complessivo incremento dell’utilizzo del turpiloquio sui media, Volocom rilevi una netta diminuzione degli insulti indirizzati verso gli omosessuali: dal 2021 al 2022, difatti, c’è stato un calo del 56%.

Per contro – si diceva - gli insulti generici sono aumentati del 24%, le parolacce riferite agli atti sessuali del 37%, mentre gli insulti più caratteristici dei dialetti regionali sono incrementati del 30%. Gli insulti sessisti, invece, sono aumentati solo del 5% rispetto al 2021, un altro risultato da non sottovalutare.

Se il 2022 verrà senz’altro ricordato come l’anno in cui la parola “guerra” è tornata ad occupare le pagine web e cartacee delle testate italiane, non c’è da meravigliarsi se sono proprio le notizie di esteri a registrare il più netto incremento nell’utilizzo di parolacce: in questo ambito gli insulti generici nei testi giornalistici sono più che quadruplicati, da 541 a 2.399. Forse la guerra scoppiata tra Russia e Ucraina ha polarizzato le masse, spingendo chiunque sia esterno al conflitto a schierarsi radicalmente da una parte o dall’altra. E questo clima di rabbia, terrore e turbamento si ripercuote inevitabilmente nel linguaggio.

Se volessimo stilare una classifica, dovremmo mettere il noto sito di “gossip e notizie” Dagospia al primo posto nell’uso delle parolacce nei suoi articoli, che ne sono diventati uno dei tratti distintivi. Certo, mai come “Il Vernacoliere” di Livorno, che ha fondato il suo successo alternativo proprio sull’esasperazione del turpiloquio (in toscano). Fra i giornali cartacei, il più disinvolto è Il Fatto Quotidiano che usa senza problemi le cosiddette parolacce.

Qualche numero? L’organo femminile nella sua accezione più comune compare anch’esso disinvoltamente in 1.253 citazioni (contro le 8mila del suo “collega” maschile). Si piazzano meglio i “coglioni” con quasi 1.400 citazioni (ma ormai l’uso di questa parola per definire le persone è entrata nel linguaggio corrente). E dopo il famoso “VaffaDay” di Beppe Grillo, anche il sempreverde “vaffanculo” è diventato una espressione normale, al punto da comparire su giornali e siti di news almeno un migliaio di volte nel 2022. Una curiosità: per amore della propria terra, i giornali “La Sicilia” e “Il Giornale di Sicilia” preferiscono usare, all’occorrenza, la parola “minchia”.

Abbattuti tutti i tabù lessicali, dunque? No, ne resta uno: la bestemmia, depenalizzata sì (prima era reato), ma trasformata in un illecito amministrativo. Forse, l’ultimo confine ancora invalicabile. Non a caso, nella nostra ricerca non sono mai comparse bestemmie.










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